Il fenomeno del selfie estremo, che sta catturando l’attenzione delle maggiori testate nel mondo, coincide dannatamente con il grande lancio sul mercato delle aste da selfie (2015, due anni fa).

Selfie estremo, daredevil selfie (ovvero il selfie temerario che sfida i grattacieli), autoscatto che sfida la morte. Chiamiamolo come vogliamo, fa lo stesso.

Non fa lo stesso, invece, quando si confonde la fatale distrazione di un ragazzino (che per scattarsi una foto col cellulare non fa caso al treno in arrivo) con l’intenzione di realizzare un selfie estremo.

Eliana Corapi, l’avvocato di uno dei ragazzi sopravvissuti alla tragedia di Soverato (ricordate il 13enne rimasto ucciso mentre scattava un selfie con lo sfondo di un treno in arrivo?) ha dichiarato che non considera questa vicenda un caso di ‘selfie estremo’.

Smentisce la ricostruzione di chi vuole catalogarlo a tutti i costi con questo termine ‘alla moda’.

“Stavano facendo una passeggiata, sono ragazzi normalissimi, con la tipica vivacità dei tredicenni”.

Il ragazzino 13enne ha sbagliato a calcolare i tempi ed è morto.

Non rientra nel fenomeno del selfie estremo?

 

Selfie estremo sui binari, sui cornicioni dei grattacieli

Per tutti gli altri, quelli da selfie estremo premeditato sui binari (con tanto di scommesse del tipo “Ti do 5 euro se lo fai”), in stazione oltre la linea gialla, sulle rotaie in aperta campagna, in cima ad edifici altissimi o sui cornicioni si resta perplessi: che cosa li spinge davvero a rischiare la morte per un selfie?

Che cosa fa sentire celebri questi ragazzi che, nel giro di un maledetto secondo, accettano la sfida della morte in un gioco agghiacciante?

Moda, tendenza, narcisismo digitale.

Sembra assurdo usare un termine del genere per descrivere ‘gesta’ di adolescenti (in gruppo o da soli) che si sdraiano sulle rotaie o si esibiscono ai bordi dei cornicioni di alti edifici per autoscattarsi selfie estremi da condividere sui social ed esibire trofei di coraggio su YouTube o Instagram.

In gran parte si tratta di adolescenti socialdipendenti, nati e cresciuti a pane e tecnologia, ma non mancano casi di adulti che, per niente intenzionati a sfidare la morte, nel tentativo di farsi un selfie muoiono annegati.

 

Alexander Remnev: lo skywalker russo ideatore del selfie estremo

Il fenomeno del selfie estremo pare sia partito dalle ‘sportività’ di un free-climber russo, Alexander Remnev: salendo in cima ai grattacieli non si limitava a fare autoscatti ma vere e proprie riprese in video che, poi, condivideva su canali social come YouTube.

La Russia resta il Paese più coinvolto da questa tendenza (chiamateli skywalker o seguaci della Blue Whale, i nomi contano poco), da cui parte la sfida social nel mondo.

Parte dalla Russia, un Paese dove i tassi di suicidio sono molto alti e lo erano anche prima del ‘lancio’ di queste bravate estreme.

Esibirsi ed autoriprendersi in cima ad edifici, torri, gru, picchi rocciosi per selfie estremi che ritraggono sagome sospese nel vuoto è la scelta più ricorrente in Russia.

Chi soffre di vertigini, in Russia o nel resto del mondo, sceglierà i binari, il mare, un lago.

Esibizionismo, mania di protagonismo, il ripetersi della storia di Narciso, morto mentre tentava di ammirarsi sullo specchio dell’acqua?

Narciso è un adolescente e l’adolescenza è l’età dei riti iniziatici dove il pericolo si fonde e si confonde col gioco.

In tutto questo, la stupidità c’entra poco e nulla.

C’entra di più il fatto che tecnologia e rete hanno il potere/debolezza di ingigantire l’eccesso di narcisismo tanto dei ragazzi quanto degli adulti.

 

L’era dei selfie immortali sui social

Nell’era in cui un profilo Facebook può sopravvivere dopo la morte e si può lasciare in eredità ad un’altra persona, anche un selfie estremo (nell’immaginario alterato dei social dipendenti) seppure mortale può rendere immortale un soggetto con un atto temerario condiviso con altri.

La morte in diretta per vivere in eterno. La Grande Illusione.

Certo, Facebook e gli altri social non hanno inventato la morte in diretta, quella è nata alla radio e in Tv. Facebook ha solo inventato la vita in diretta, con le sue gioie ed i suoi orrori.

Riuscite ad immaginare che senso avrebbe per i ragazzi fare un selfie estremo da destinare alla Tv?

Non avrebbe alcun senso. Sono cambiati i mezzi di comunicazione di massa a disposizione: basta spingere un tasto e siamo in diretta col mondo dove tutto può succedere.

I social non si sono neanche inventati la tendenza al suicidio che in Paesi come India o Russia è ‘reale’, non va certo in cerca di Like e miete un numero di vittime all’anno molto più alto del selfie estremo.

Il punto è che YouTube non dovrebbe mandare in onda tutti quei video ai limiti della legalità di Alexander Remnev (pessimo ispiratore di ragazzi in cerca di anti-eroi da emulare) e di altri pazzi solo per fare visite. Così come le foto che immortalano le ‘gesta’ di Angela Nikolau, la skywalker che (senza imbracature di sicurezza né corde) scala grattacieli, ponti, gru nei cantieri: i suoi video sono lì, su YouTube.

Anziché rendere famosi questi personaggi, i social network dovrebbero bandire foto e video estremi, che trasmettono messaggi ai limiti della follia.

Basta digitare ‘extreme selfies’ o ‘daredevil selfies’ su YouTube per precipitare in un mondo di follia.

 

La gara delle visualizzazioni

Quando Narciso non c’entra nulla con il fenomeno del selfie estremo, sicuramente c’entra un motivo molto più ‘reale’ di questa gara mortale che, il più delle volte, spinge a resistere il più a lungo possibile con il treno in arrivo alle spalle.

Mi sposterò solo all’ultimo momento e mi farò un selfie, scommetti?”. Può succedere di giorno o di notte.

L’obiettivo è postare le immagini da brivido sui social per l’elevato potenziale di visualizzazioni sul web che fa guadagnare e rende popolari.

“Ci mettiamo sui binari e aspettiamo che il treno arrivi. Basta stare un minimo attenti… perché non provarci?” hanno raccontato alla polizia alcuni ragazzi nel Veneziano, dopo essere stati fermati.

Nel 2016, incidenti ferroviari legati al fenomeno del selfie estremo sono aumentati del 25% con vittime ragazzi under 18 che affidano la propria vita alla roulette russa (è il caso di dirlo) del selfie estremo.

Tre quarti dei giovani selfisti temerari lo fa così, giusto per provare, e per condividere la propria impresa sui social, per la delirante sete di visualizzazioni.

 

Le Iene indagano sul selfie estremo

Lo rivela anche Fabio Rovazzi, inviato di Le Iene che si è recato a Dubai per intervistare una skywalker famosa, nonché modella russa Angela Nikolau: le sue ‘imprese’ da equilibrista (250 metri di altezza) fanno guadagnare ad Angela ed al suo amico Ivan Kuznetsov milioni di visualizzazioni online col rischio che molti giovani possano emularla.

Angela e Ivan lo fanno per business, ci sono aziende che li sponsorizzano.

Il business (quello che non rimuove immagini o video dai social) risponde con un bel chissenefrega.

Rovazzi, intervistando alcuni adolescenti italiani per capire cosa li spinge a praticare il selfie estremo, ha ricevuto risposte molto chiare: Like e visibilità.

L’inviato delle Iene non poteva non concludere il servizio senza ammettere che: “Sono i social ad aver generato questi mostri. Ognuno vuole essere al centro dell’attenzione”.

Si rischia la vita per un Like, per essere visibili, accettati, considerati.

Dal 2014 a fine 2016 si contavano 127 vittime per selfie estremi (o killfie) nel mondo; il numero è salito a 150 considerando i primi mesi del 2017.

Uno studio della Carnegie Mellon University (USA) e dell’Indraprastha Institute of Information Technology (India) ha classificato 8 categorie di selfie associate al luogo prescelto per l’autoscatto: luoghi dove si sfida la forza di gravità (in cima ad edifici o in vetta ad una montagna), l’acqua, i treni, l’uso di armi, veicoli, elettricità e l’incontro fatale con animali più o meno selvaggi.

La rete è piena di video di questo tipo, noi non ne postiamo neanche uno.

Ci rifiutiamo di alimentare la follia a caccia di Like.

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