Regole sulla privacy, tutela dell’anonimato dei bambini, consigli per evitare litigi. Sono questi alcuni dei punti dei corsi che si svolgeranno nelle prossime settimane a Milano all’interno delle scuole per aiutare i genitori degli alunni a non fare errori…”social”. Diversi presidi, infatti, hanno denunciato l’uso scorretto dei gruppi di classe su Whatsapp, l’applicazione di messaggistica istantanea più utilizzata, definendo questi gruppi come un vero e proprio detonatore di problemi.

Sulla questione è intervenuto tempestivamente il provveditore di Milano che ha dichiarato: “stiamo parlando di un uso distorto di un mezzo di comunicazione comunque positivo ma visti i problemi che sta creando, forse sarebbe il caso che le scuole coinvolte trovassero il modo di sensibilizzare le famiglie sul tema”. Il provveditore sostiene che sarebbe opportuno affrontare la questione nelle assemblee di classe oppure in incontri per far capire ciò che può essere veramente dannoso per i bambini.

Per chiarire il tutto sono stati riportati alcuni esempi concreti: nei gruppi di classe indicare il nome e il cognome dei bambini, facendo riferimenti a fatti specifici accaduti in aula, può essere dannoso poiché per i bambini può essere discriminatorio. Altra cosa da evitare sono i commenti dato che i pareri personali rischiano di essere un boomerang.

Anche gli istituti scolastici hanno iniziato ad interrogarsi su quale possa essere la strada più consona per affrontare il problema. Opinione favorevole a corsi di questo tipo arriva anche da Laura Barbirato del comprensivo Maffucci: “Sarebbe bello poter fare dei corsi ad hoc, ma servirebbero dei fondi per questo”, dello stesso avviso anche Giovanna Mezzatesta, a capo della Rinnovata: “l’dea dei corsi sarebbe anche buona, nella mia scuola di Bollate qualche tempo fa ci avevamo anche provato. Peccato che a quegli incontri si siano presentate meno di dieci persone. Il problema è che il genitore che si fa prendere dal trip di Whatsapp è convinto di sapero usare e difficilmente accetta consigli”.

Oltre ai presidi sono scese in campo anche le associazioni dei genitori: “questi gruppi hanno un merito indiscutibile, quello di creare una rete, un senso di appartenenza e nessuno ha il desiderio di criminalizzarli o di censurarli, ma conoscerne l’utilizzo corretto è sicuramente importate”. Interessante anche la posizione di Gianni Alberta, dei Genitori Democratici: “forse una riflessione su questo tema può essere l’occasione per ripensare al ruolo di ognuno e per recuperare il valore di un rapporto faccia a faccia”.

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