SMS Marketing: la sfida 2017 alla messaggistica istantanea?

In un mondo mobile perennemente collegato ad Internet via smartphone e tablet, si parla sempre più di SMS marketing.

Nel 2016, Agcom ha rilevato una nuova grande intesa tra SMS e messaggistica istantanea, due strumenti che si rafforzano reciprocamente. O che si sfidano tra loro?

L’SMS resta un mezzo strategico tutt’altro che superato per il marketing, tanto che secondo quanto afferma l’Osservatorio Mobile Marketing & Service Doxa, l’SMS si rivela una piattaforma efficace per l’invio di promozioni e comunicazioni di servizio ai propri clienti ed il suo utilizzo è in costante crescita.

In Italia, nei primi 6 mesi del 2016, sono stati spediti 12 miliardi e mezzo di SMS.

Ci si chiede se il 2017 sarà l’anno dell’SMS marketing visto che il 56% di utenti mobile preferisce i messaggi di testo per le loro comunicazioni e che la nostra società mobile friendly stringe sempre più le relazioni tra aziende e clienti in svariate occasioni, dal fissare un appuntamento al tracciare un ordine.

 

SMS marketing: ponte ideale tra aziende e clienti

Abbiamo accennato che il 56% di utenti mobile preferisce il sistema degli SMS.

Perché?

  • L’SMS è più tollerato perché meno aggressivo dell’e-mail;
  • Non è possibile bloccarlo, non esistono filtri anti-spam per l’SMS;
  • E’ uno strumento più rapido sia in fatto di ricezione sia in termini di programmazione di una campagna di SMS marketing (sono sufficienti 10 minuti);
  • E’ possibile inviare 1000 SMS al minuto: arrivano subito e chi spedisce riceverà una notifica di avvenuta ricezione;
  • I dati del cliente e del mittente sono personalizzabili.

 

Un sistema del genere può rivelarsi il ponte ideale per collegare clienti ed aziende in tempi record.

Non dimentichiamo che il mondo mobile pretende sempre maggiore velocità, immediatezza ed incisività dagli strumenti di comunicazione digitale e non solo. Vuole anche efficacia e sicurezza: tutte virtù che non mancano all’SMS marketing.

La strategia migliore, in questo senso, è basata sull’automatizzazione dell’intero processo: si crea la campagna SMS, si selezionano le opzioni di invio ed il flusso di SMS viene indirizzato automaticamente, in modo autonomo ed infallibile.

 

SMS marketing: tutti i vantaggi

Il web marketing ricorre agli SMS per diversi motivi, tutti vantaggiosi:

  • I messaggi vengono ricevuti nel 100% dei casi senza possibilità di errore;
  • I tassi di apertura sono più elevati rispetto alle e-mail, superano il 97% (di italiani con età superiore ai 16 anni) e, per il 90%, vengono aperti da dispositivi mobile entro 3 minuti dal ricevimento dell’SMS;
  • Si possono inserire link a landing page oppure a home page di portali e-commerce via mobile device;
  • E’ possibile integrare il servizio in aree come marketing diretto o contatti con l’assistenza clienti e post-vendita:
  • Risponde alle offerte il 32% di utenti che riceve SMS.

 

Tutte le possibili funzioni offerte dall’SMS marketing

Nel corso di una campagna di SMS marketing è possibile:

  • Informare su promozioni e saldi;
  • Inviare volantini per attirare nuova clientela;
  • Organizzare eventi ed iniziative;
  • Inviare promemoria per scadenze o appuntamenti;
  • Inviare messaggi di testo che includono un link per mostrare foto e info;
  • Aggiornare sullo stato delle spedizioni dei prodotti ordinati;
  • Confermare pagamenti e presa in carico di un ordine.

 

Le potenzialità dell’MMS nel web marketing

L’SMS, strumento nato 20 anni fa, torna prepotentemente alla ribalta rinnovandosi con l’introduzione di diverse strategie di marketing.

Gli SMS sono tornati con forza, negli ultimi anni, con nuove funzioni di comunicazione digitale.

Sono molte le aziende italiane ed estere che sfruttano anche gli MMS.

L’SMS marketing può supportare un’azienda nelle delicate manovre di inbound marketing, non solo outbound, per la preziosa opportunità di inviare e ricevere file multimediali creando un rapporto ideale con i propri clienti.

Lo scorso anno, sono stati inviati circa 387,5 bilioni di MMS che hanno come punto di forza la possibilità di inserire un oggetto del messaggio e di inserire un testo di 500 caratteri anziché i classici 160 caratteri di un SMS.

 

Inviare GIF, foto e video con l’SMS Marketing

Col sistema di SMS marketing si possono inviare non soltanto messaggi di testo ma anche GIF (sempre più usate su Internet e sui social network) utili all’azienda per inviare informazioni aggiuntive con un’immagine simpatica, che attiri l’attenzione del cliente. Basta non superare i 600 Kb.

L’SMS marketing diventa ancora più efficace attraverso l’utilizzo di video di 20 secondi (640×1.138 pixel per quelli verticali, 1,280 x 720 pixel per quelli orizzontali) ed immagini (meglio se verticali ed in formato JPEG, con dimensioni pari a 640 x 1.138 pixel).

 

Google ed il rilancio degli SMS con tecnologia RCS

Se il nuovo Nokia 3310 preoccupa qualcuno per la scelta di escludere tutte le App (incluse WhatsApp e Messenger), pare che Google stia tentando di rilanciare gli SMS tramite il protocollo di messaggistica RCS (Rich Communications Services) in grado di includere nei messaggi di testo anche immagini, contatti, video, con la possibilità, oltretutto, di creare gruppi sms.

Questa nuova tecnologia RCS è ancora in fase sperimentale (lanciata da Google sulla rete Sprint americana): il suo obiettivo è di offrire ai possessori di smartphone Android un innovativo sistema di messaggistica SMS dotato di funzioni simili alle App di instant messaging più popolari.

Il primo step del colosso di Mountain View è stato quello di rinominare la sua App (Messenger) ribattezzandola Android Messages.

Chiunque, anche gli utenti che non installano l’App, potranno sfruttare questo sistema RCS e ricevere i messaggi tramite i servizi SMS e MMS.

La decisione da parte di Google di rilanciare gli SMS con tecnologia Rich Communications Services ha convinto già diversi operatori a livello mondiale e li ha spinti ad aderire al progetto.

Si tratta di aziende colossali come Orange, Vodafone, Deutsche Telekom e Globe ed altri brand di telefonia mobile come Motorola, LG, Sony, HTC e Nokia. Questi brand mobile si impegneranno a pre-installare l’App Android Messages sui loro dispositivi per dar modo all’applicazione di essere utilizzata da gran parte degli utenti possessori di uno smartphone Android.

Questo nuovo progetto di Google deve, forse, far pensare ad una probabile base per rendere l’SMS Marketing ancora più efficace?

 

Social video: il vademecum di Adweek per un marketing ad hoc

Per sfruttare al meglio i social video in ambito web marketing, Adweek (guru dell’adv americano) ha diffuso online, di recente, un vademecum rivolto a tutte quelle aziende intenzionate a raccogliere bene ciò che il marketing legato ai social semina cercando di non fare errori che costano tempo e soldi.

Innanzitutto, non è sufficiente realizzare un video ben fatto e diffonderlo sui social come viene, viene senza essere ‘mirato’, ‘specific’ come dice Adweek.

Un brand deve distinguersi dagli altri nell’oceano di video pubblicati ogni giorno che puntano al marketing.

I canali ci sono e sono ottimi per farsi conoscere ,ma la voglia di farsi conoscere con i social video (comune a tutti) deve abbinarsi a qualcosa di più. Qualcosa di ‘specific’, per l’appunto.

Il vademecum Adweek non può che iniziare con YouTube, il social video per eccellenza.

 

YouTube

Abbiamo detto il social video per eccellenza; in realtà, la piattaforma YouTube usa il video come strumento di condivisione.

E’ l’ideale per chi vuole leggere i dati e incanalarsi sui ‘desk’ giusti e può funzionare con i brand intenzionati a creare una propria community comunicando di tutto, raccontandosi e, nello stesso tempo, analizzando il target di pubblico.

YouTube risulta, invece, troppo lento per quei brand che vogliono emergere a livello trendy e vogliono farlo immediatamente.

I contenuti devono considerare il tipo di pubblico da raggiungere sfruttando i topic più cliccati. Il video può durare i classici 3 minuti o anche meno, è indifferente.

 

Facebook

Il social video targato Facebook è consigliato ai brand che intendono divulgare i propri contenuti ad un’audience più vasta con la possibilità di usare l’opzione Autoplay  che consente di far partire in automatico il filmato.

E’ azzeccato per chi ama la spontaneità del live e dei commenti in real time mentre è sconsigliato ai marchi che, volendo creare una community per fidelizzare clienti, preferiscono evitare l’eccessiva schiettezza a favore di contenuti più seri.

Rispetto a YouTube effettuare una ricerca di video su Facebook non è così semplice perché un algoritmo consente di propinare all’utente contenuti di suo gusto.

Ciò che funziona maggiormente sul social network di Mark Zuckerberg sono i live ed i video che (se abbastanza trendy, brevi ed in grado di funzionare anche senza sonoro) potrebbero diventare virali.

 

Snapchat 

Un canale social video come Snapchat è buono per attirare l’attenzione di un pubblico giovane e georeferenziato perché offre una community molto vasta e consolidata, ma non è per nulla adatto alle aziende che hanno necessità di raccogliere dati sulla propria campagna marketing o sul target di pubblico.

I video perfetti da pubblicare su Snapchat sono i dietro le quinte, meglio se curati al minimo (al limite del grezzo) per sembrare reali il più possibile, e video che raccontano il ‘qui, adesso’.

Instagram

Nato principalmente come social per la condivisione di immagini, Instagram accoglie sempre più video (grazie alla volontà del proprietario Facebook che lo supporta) della durata massima di un minuto, che possono raccontare Stories in tempo reale attraverso le foto.

Questo canale di social video non è il massimo per i marchi intenzionati a ‘studiare’ la propria audience o che vogliono proporre video lunghi.

E’, invece, indicato per i brand che non vanno d’accordo con gli algoritmi e che vogliono raggiungere i follower attraverso i feed. Insomma, Instagram concede la diffusione di video live decisamente brevi.

WhatsApp si scusa, no comment per il blackout, collasso per nuovi test

Il collasso di WhatsApp tra le 22,00 e mezzanotte e mezza del 4 maggio ha creato il panico in Italia e non solo visto che il down ha interessato utenti di tutto il mondo.

Il blackout ha coinvolto i sistemi operativi per dispositivi mobile di Apple, Google e Microsoft ed ha impedito di ricevere o inviare messaggi e chiamate.

Gli utenti troppo abituati a WhatsApp, non accontentandosi più di inviare i classici sms, si sono aggrappati a due ancore di salvezza temporanea: Telegram e la cinese WeChat.

“Problema risolto, ci scusiamo per il disagio” con un bel no comment da parte di Mark Zuckerberg.

Visto che non è stato ufficialmente chiarito il motivo delle tre ore di stop di WhatsApp, azienda rilevata 3 anni fa da Zuckerberg, le ipotesi online si scatenano.

Al primo posto troviamo la possibilità di una spiegazione che porta novità, due aggiornamenti dell’App di instant messaging.

 

WhatsApp down: tutta colpa degli update in arrivo?

Il mancato funzionamento di 3 ore potrebbe essere facilmente spiegato da un paio di aggiornamenti in arrivo su WhatsApp testati prima del rilascio, che avrebbero mandato in tilt i server.

Strano, però, che secondo certi siti inglesi, in alcune zone (certi Paesi dell’Europa, Gran Bretagna e Brasile) il malfunzionamento dell’App dia parecchio filo da torcere.

 

Colpa della Juventus?

Sui social, specie su Twitter, sarebbe tutta colpa della difesa della Juventus.

Dopo il tour de force nella semifinale di Champions League contro il Monaco, Buffon e la BBC (Barzagli, Chiellini, Bonucci) avrebbero bloccato il servizio di chat provando la loro impenetrabilità.

Bizzarro. Andiamo avanti con le ipotesi.

 

Prima nuova funzione testata da WhatsApp

Il blackout più rilevante di WhatsApp risale a febbraio 2014, subito dopo che Facebook ha acquistato l’App, ma ricordiamoci anche i down subiti da altri servizi simili come l’attacco hacker che nel 2016 ha colpito Twitter, Spotify e SoundCloud o lo stesso Facebook che, nel 2010, ha creato il panico tra gli utenti per due ore e mezza. Ma torniamo a WhatsApp.

Problemi al server nel 2014, quasi sicuramente problemi al server anche nel 2017.

L’esperto di Dynatrace Dave Anderson spiegherebbe il down con il test di una nuova funzione (non ancora disponibile, che dovrebbe essere introdotta a breve) in grado di contrassegnare fino a 3 conversazioni come importanti in cima al menu.

Eseguire nuovi aggiornamenti – spiega Anderson – tramite il ciclo di sviluppo e produzione presenta sempre rischi”. Secondo lui, è fondamentale testare e controllare l’impatto delle modifiche sulle prestazioni di un’App per essere in grado di intervenire rapidamente per correggere i problemi. Altrimenti, sarebbe saggio rinunciare alla modifica nel caso in cui si rischiasse di avere un impatto negativo sull’esperienza utente fino al pericolo estremo di mettere KO il servizio e mettere in ginocchio milioni di utenti.

 

Seconda funzione testata da WhatsApp

La seconda funzionalità forse responsabile del blocco testata da WhatsApp riguarda la possibilità di cambiare numero senza ‘toccare’ le conversazioni.

Essendo legato al numero di telefono e non all’utente, nel nostro profilo WhatsApp possiamo cambiare scheda SIM sul cellulare continuando a sfruttare il servizio senza perdere nulla: i messaggi, però, arrivano a destinazione solo se vengono inviati al numero telefonico comunicato nella nostra registrazione e non al telefono della nuova SIM.

Con la nuova funzione Change number, il passaggio da un numero telefonico ad un altro sarà facile e senza limiti.

 

Millennials e cibo: la food revolution dei nativi digitali

E’ iniziata la food revolution per i Millennials e, in occasione della terza edizione di Seeds&Chips – The Global Food Innovation Summit che avrà luogo a Fiera Milano Rho dall’8 all’11 maggio, verranno analizzate le nuove tendenze di acquisto e consumo di cibo dei nativi digitali attraverso l’esplorazione di innovazioni e tematiche del mondo agroalimentare.

C’è aria di rivoluzione in tutto, nell’ambito alimentare, dal modo in cui si ordina e si acquista il cibo a come si cucina e si consuma o si condivide.

Internet e l’introduzione di nuove tecnologie hanno contribuito notevolmente a questa rivoluzione stravolgendo le abitudini alimentari dei Millennials.

E’ in atto il lancio di nuovi trend a livello mondiale e con l’imminente Fiera milanese ne sapremo di più, prossimamente.

Ciò che preme maggiormente, in attesa della fiera, è scoprire da vicino i progetti più curiosi ed interessanti di startup ed aziende impegnate in questo settore.

 

“Come i Millennials stanno cambiando l’industria alimentare”

Visto che sarà la generazione Y la star di Seeds&Chips, l’8 maggio la fiera milanese si aprirà degnamente con una conferenza intitolata How Millennials are changing the food industry (ndr: come i Millennials stanno cambiando l’industria alimentare).

La conferenza avrà come ospiti d’eccezione due Millennials che oggi sono vere e proprie guru internazionali del cosiddetto foodtech, l’alimentazione legata a doppio filo con la tecnologia.

Le due guru si chiamano Danielle Gould, CEO di Food+Tech Connect, la massima community mondiale impegnata a portare avanti il settore dell’innovazione e tecnologia alimentare, e Deepti Sharma Kapur, fondatrice e CEO di FoodtoEat, servizio che consente di ordinare cibo online scegliendolo dai migliori ristoranti, food truck, ristoratori e chioschi locali. Bella iniziativa, quest’ultima, che dà modo ai piccoli venditori di approcciarsi in modo attivo alle grandi potenzialità offerte dalla tecnologia.

Anche e soprattutto il cibo, per i Millennials, è condivisione a tavola, social experience.

 

Generazione Y più attenta a ciò che mangia

Ad ogni conferenza di Seeds&Chips parteciperà almeno un relatore con età inferiore ai 30 anni ed ogni incontro verrà aperto da uno dei MIllennials cosiddetto ‘teenovator’ di età inferiore ai 18 anni: sarà chiamato a dire la sua, a descrivere il proprio punto di vista innovativo nel contesto della food revolution.

I giovani Millennials avranno una chance importante da giocarsi: lo spazio Give me five darà modo agli startupper di incontrare un leader del settore, parlando con lui 5 minuti delle sue strategie e idee.

Si potrebbe pensare che i grandi amanti della tecnologia, nati e cresciuti a pane e device, snobbino il cibo naturale, sano, di qualità. Sbagliato.

I Millennials, abituati a tenersi informati proprio grazie alla tecnologia che li rende affamatissimi di notizie, curiosità e novità giorno dopo giorno, sono i più attenti in questo senso: salute, alimenti di qualità, sostenibilità, innovazione. Tutto questo è ‘pane per i loro denti’.

Rispetto alle generazioni che li hanno preceduti, spendono di più in alimenti.

Tanto per spiegare cosa succede negli USA, i Millennials spendono annualmente 1,4 trilioni di dollari e s’informano di più su ciò che assumono, vogliono essere consapevoli di ciò che mangiano, sono esigenti, vogliono conoscere le proprietà nutrizionali di ogni cibo. L’80% di loro vuole sapere da dove proviene ciò che mangiano.

Prima della fiera, almeno un paio di tendenze possiamo anticiparle.

I Millennials puntato su alimenti biologici, organici, possibilmente a km zero, sostenibili e su un’offerta alimentare più vasta possibile.

I nativi digitali sempre in movimento e connessi a blog, social, community e app, sono amanti dello street food, detto anche ‘pranzo on the go’.

In costante aumento anche i brunch e apericene che rientrano nella categoria dei pasti ibridi.

 

Startup Millennials geniali

Tra tante startup che verranno presentate alla fiera Seeds&Chips 2017, scopriamone alcune decisamente geniali.

Robonica, per esempio. Il progetto Linfa di questa startup milanese è un sistema di coltura idroponica con illuminazione a luce LED: presenta un elettrodomestico micro-farm connesso, una serra in miniatura che fa crescere ogni sorta di vegetale, cibi pronti da mangiare dopo soli 5 giorni.

Poi c’è Foodpairing, con sede a New York e Bruges, forte di uno dei più vasti database mondiali di ingredienti e sapori: grazie ad un algoritmo elabora e combina informazioni scientifiche per creare menu e bevande uniche, nuove, con abbinamenti e mix sorprendenti, tutti nel pieno rispetto di una dieta sana ed equilibrata.

La newyorkese The Sage Project, invece, traccia gli alimenti fornendo dettagli su allergeni, ingredienti, apporto calorico, proprietà nutrizionali, origine dei prodotti e distribuzione.

La londinese Winnow vuole essere un importante supporto agli chef nella misurazione, controllo e riduzione degli sprechi alimentari sia per il risparmio che per il rispetto dell’ambiente.

 

Foorban: il primo ristorante digitale in Italia

L’innovazione Millennials, in Italia, riguarda non soltanto la selezione, il controllo, l’attenzione verso i cibi sani ma anche nella creazione di modelli di delivery che puntano sul controllo diretto di tutto il processo, dalla cucina alla consegna.

E’ il caso della startup milanese Foorban, la prima in Italia impegnata in un progetto del genere.

Un ristorante digitale lanciato a giugno del 2016 in fase di perfezionamento, al suo secondo round di investimento (650.000 euro) dopo quello iniziale di 500.00 euro avvenuto lo scorso anno.

Si prepara a lanciare questo grande servizio in nuova città italiane e, in questa seconda fase del progetto, punta ad investire su marketing, IT, ricerca e sviluppo.

La mission è la combinazione di alimenti sani e di qualità (alimenti di stagione, cotture che non alterano le proprietà nutrizionali degli alimenti, diete bilanciate), velocità di consegna a domicilio (meno di 20 minuti dall’ordine) e tanta creatività (Foorban ha ideato oltre 600 nuove ricette).

Un’attività che vale oltre 400 milioni di euro.

Auto a guida autonoma: le self-driving car Tesla, Google, Apple e Uber

Parlando di auto a guida autonoma, si può certamente dire che le aziende pronte ad investire sullo sviluppo di automobili che si guidano da sole crescono di numero seppure i veri colossi impegnati nel settore restino pochi ma buoni: nomi che conosciamo bene e che si contano sulle dita di una mano.

Oggi, alla breve lista che include Tesla, Google e Uber si aggiunge Apple che, in questi giorni, sta testando il sistema di guida autonoma con la self-driving car del suo Project Titan.

Sono questi 4 i veri colossi della Silicon Valley che, da tempo, studiano sullo sviluppo delle auto a guida autonoma avendo fiutato in anticipo l’affare ed avendo i fondi necessari per investire contribuendo alla rivoluzione del settore automobilistico.

Ci sono, però, altre società (se ne contano 29 in tutto) che, in California, hanno chiesto permessi per testare su strada i veicoli di nuova generazione.

Pare sarà il 2020 a segnare l’avvento ufficiale di auto completamente e perfettamente automatizzate, in grado di gestirsi da sole nel traffico e su strada senza bisogno della guida umana.

 

Tesla ‘guidata’ da Elon Musk

Tesla rappresenta, nel settore delle auto a guida autonoma, una dei colossi più all’avanguardia nel mondo, punto di riferimento della realizzazione di auto elettriche di ultima generazione tra le più avanzate sul mercato.

Elon Musk, a capo dell’azienda, è lungimirante, ambizioso, dalla mente attiva e brillante, e preferisce approcciarsi al settore delle self-driving car gradualmente anziché decidere di realizzare subito sistemi completamente automatici.

Vuole arrivare al cambiamento epocale in ambito automobilistico facendo un passo alla volta. Il sistema installato nelle auto Tesla si chiama Autopilot, un software di guida semi-automatico ancora embrionale ma a cui Elon Musk apporta costantemente nuove migliorie, in costante evoluzione.

E’ grande la voglia di Musk di perfezionare questo sistema e di commercializzarlo e, dentro di sé, lavora per riuscire ad arrivare primo al grande traguardo. Prima di arrivare a tanto e di sviluppare un’auto a guida autonoma perfetta (la strada, in questo senso, è lunga per tutti) continuerà a vendere il suo sistema ibrido. Vuole anticipare i tempi e vuole farlo bene, stimolando la concorrenza e ponendo Tesla in vetta alla classifica della categoria.

 

Google impegnata dal 2009

Google ha iniziato i suoi primi esperimenti per lo sviluppo di auto a guida autonoma nel 2009.

All’epoca, come sempre succede ai pionieri, il progetto di Google veniva guardato con diffidenza, anche ridicolizzato, ma il colosso di Mountain View andava avanti per la sua strada.

Ha anticipato, così, i tempi forte dell’impiego di strumenti come Maps, Street View e di tutte le tecnologie di cui può vantarsi.

Il progetto di Google riguardo alle self-driving car oggi si chiama Waymo, ha al suo servizio 15 ingegneri impegnati a migliorare costantemente la tecnologia dedicata e milioni di chilometri di test senza contare tutti i brevetti depositati nel corso degli anni. Ha ispirato tutti coloro che hanno, poi, deciso di investire in questo settore.

Il passo in avanti fatto da Google è rappresentato dall’accordo con FCA per commercializzare un’auto a guida autonoma col suo marchio.

 

Uber, tra polemiche e guai

Il famoso servizio taxi ha in progetto di creare un parco taxi senza pilota con auto a guida autonoma decisamente fruttuoso allo scopo di abbattere i costi dei suoi autisti.

La società, attualmente, sta brevettando diversi sistemi proprietari allo scopo di non dipendere da prodotti come le mappe di Google. Questa sua ‘intenzione’ ha alzato un certo polverone scatenando diverse polemiche. Tanto per cominciare, Uber è entrata in conflitto con certi Stati per avere eseguito test senza chiedere affatto i permessi necessari.

Di recente, si è scontrata anche con Google che l’accusa di aver sottratto brevetti su certe tecnologie.

Sempre di recente, un incidente avvenuto in Arizona ha scatenato nuove dispute sui test effettuati da Uber che ha dovuto rallentare i suoi progetti a causa delle indagini in corso.

Tutto quello che si sta verificando attorno al progetto Uber, secondo il parere di molti, non consentirà all’azienda di andare molto lontano e di raggiungere traguardi in questo senso, seppure la testardaggine più volte dimostrata da Uber faccia pensare che ‘la storia non finisce qui’ – come si dice.

 

Apple Car, l’ultima in coda

Apple, dopo aver depositato un documento di 41 pagine, ha ottenuto i permessi dallo Stato della California per eseguire test su strada con le proprie auto a guida autonoma e non ha perso tempo.

Ha messo subito alla prova il suv ibrido bianco Lexus RX450H, che non riporta alcun logo Apple.

E’ stato un fotografo a scattare le prime foto (pubblicate su Bloomberg) della self-driving car mentre usciva dalle strutture di Apple con a bordo il conducente (secondo la normativa californiana).

Dalle immagini si notano sensori LIDAR con 64 canali di trasmissione della Velodyne Lidar, svariate videocamere ed almeno due radar. Componenti OEM già visti ed in uso in questo speciale settore, probabilmente acquistati da terze parti (forse, Volkswagen e BMW), il che fa pensare che Apple voglia entrare nel Project Titan solo a livello software (una piattaforma da offrire a terze parti) senza alcuna intenzione di produrre e vendere auto a guida autonoma.

In base ai documenti depositati, il test dovrebbe includere funzionalità come guida a bassa velocità (30 miglia all’ora), ad alta velocità (65 mph), sterzata, accelerazione e frenata improvvise, inversione stretta ad U (raggio 12,8 mt e velocità costante di 15 mph) e conflitto tra segnale di svolta ed azione da eseguire.

Altre 2 aziende (Waymo del gruppo Alphabet/Google) e Zoox stanno testando i propri sistemi di guida autonoma con Lexus.

 

Gli altri

Dei 4 colossi della Silicon Valley abbiamo detto quel che c’era da dire ma non si possono, di certo, trascurare  case automobilistiche come Mercedes o Audi che offrono già sistemi avanzati di assistenza alla guida ed a questi si aggiungono anche Honda, Volvo, Toyota.

Mostrano la volontà di guardare al futuro in fretta presentando auto dal design sempre più avveniristico e dalle tecnologie all’avanguardia: hanno tutta l’intenzione di sviluppare sistemi sempre più avanzati, inclusa la possibilità di stringere accordi con altre aziende per produrre in serie auto a guida autonoma.

Super intelligenza artificiale: i guru contro Google e Facebook perché?

Insieme alla realtà virtuale ed aumentata promossa da colossi come Facebook, la super intelligenza artificiale e le sue ‘creature’ sconosciute ai più ed ancora in fase sperimentale sono al centro di grandi dibattiti.

Elon Musk va contro Google e Facebook ma anche Bill Gates e lo scienziato Stephen Hawking si dichiarano nemici della progettazione di un futuro nelle mani dei super robot.

Insomma, la super intelligenza artificiale divide i guru dell’hi tech e della scienza, in difesa del futuro (incluso il loro). Ciò che sembra progresso può, in realtà, rivelarsi un pericolo per l’umanità.

Prima di entrare nel cuore dell’articolo, segnaliamo un fatto strano avvenuto proprio a Mountain View (Silicon Valley) dove ha sede Google.

Il 19 aprile è stato arrestato un uomo ubriaco per aver aggredito un robot, un androide privo di braccia che stava sorvegliando un parcheggio nei pressi della società Knightscope, la startup che lo ha sviluppato. L’uomo, il 41enne Jason Sylvain, ha atterrato Knightscope K5: è questo il nome attribuito al robot alto un metro e mezzo per un peso di 136 chili.

Il robot, in grado di ruotare su se stesso e di emettere fischi, ha azionato un allarme facendo intervenire tempestivamente le guardie di Knightscope. Jason Sylvain è stato arrestato con l’accusa di ubriachezza molesta e comportamento furtivo mentre il robot K5, con qualche graffio in più, è già tornato al lavoro.

 

Che cos’è la Super Intelligenza Artificiale?

Le tre leggi di Asimov, tratte dai suoi libri di fantascienza, stabilivano che:

  • Un robot non può recare danno ad un essere umano né permettere che l’uomo riceva danni a causa del suo mancato intervento;
  • Un robot deve obbedire agli ordini ricevuti dagli esseri umani, ordini che non devono contravvenire alla legge precedente;
  • Un robot deve proteggere se stesso purché l’autodifesa non vada contro la prima e seconda legge.

Se, da una parte, la nostra attenzione è tutta puntata sul timore dello scoppio di una Terza Guerra Mondiale, non ci accorgiamo che è iniziata un’altra forma di guerra: quella dei robot, o meglio della Super Intelligenza Artificiale.

Cos’è la Super Intelligenza Artificiale che, tuttora, viene chiamata semplicemente Intelligenza Artificiale?

Lo spiega Neil Jacobstein che insegna AI e Robotica alla Singularity University.

Consiste nella capacità di un computer di svolgere funzioni e ragionamenti tipici della mente umana attraverso lo sviluppo di algoritmi. Offre una definizione formale delle funzioni sintetiche/astratte di ragionamento, meta-ragionamento ed apprendimento dell’uomo per creare modelli computazionali.

Le attività ed abilità principali includono:

  • Machine learning, ovvero apprendimento automatico;
  • Rappresentazione della conoscenza e ragionamento automatico simile a quelli umani;
  • Planning, ovvero pianificazione;
  • Cooperazione tra agenti intelligenti software e hardware (robot);
  • Natural Language Processing, cioè l’elaborazione del linguaggio naturale;
  • Simulazione della visione ed interpretazione di immagini (es. riconoscimento facciale).

 

Su cosa lavora DeepMind di Google

Google ha rilevato nel 2014 la società londinese DeepMind Technologies Ltd alla modica cifra di 650 milioni di dollari allo scopo, soprattutto, di sperimentare la Macchina Neurale Turing che simula alcune proprietà della memoria nel cervello umano ridefinendo la natura di una rete neurale.

In pratica, si tratta di un super computer che apprende e immagazzina algoritmi e dati come fossero ricordi e che, poi, è in grado di recuperare per eseguire compiti e funzioni per cui NON è stato programmato (attenzione al NON).

Non si dovrebbe, a questo punto, parlare più di semplici robot e neanche di Intelligenza Artificiale ma di Super Intelligenza Artificiale.

Le macchine neurali turing di Google impareranno la visione, il controllo del movimento, il processo del suono e la capacità del linguaggio di base entro il 2020 secondo le previsioni di DeepMind.

Google, attraverso lo sviluppo della macchina neurale turing, vuole ‘risolvere’ l’intelligenza. Diventare Dio, in un certo senso.

Uno dei risultati di super intelligenza artificiale targata Google è PlaNet, il software di geolocalizzazione avanzata che sfrutta il ‘deep learning’: riconosce luoghi in foto senza indizi, senza monumenti né dettagli per associare l’immagine al luogo di provenienza e senza supporto GPS. Come ci riesce? Raccoglie e rielabora indizi visivi minimi dalle foto associandoli alle aree geografiche dove ‘potrebbero’ essere state scattate: i dati estratti dalle foto vengono scomposti in termini di pixel e rapportati con la mole colossale di immagini raccolta in tanti anni dal motore di ricerca Google.

 

Elon Musk lancia l’allarme  

Cosa pensa della super intelligenza artificiale Elon Musk, fondatore di Tesla e SpaceX?

Si dichiara preoccupato: per lui, la minaccia dell’intelligenza artificiale avanzata potrebbe risultare più pericolosa delle armi nucleari e lo ammette dopo aver letto con attenzione il libro “Superintelligence” di Nick Bostrom che narra la rivolta di robot.

Ha investito nella società di intelligenza artificiale Vicarious, che sviluppa un’architettura algoritmica unificata per acquisire un’intelligenza di tipo umana nella visione, linguaggio e controllo dei motori.

Musk lo ha fatto per scoprire più da vicino il tipo di tecnologia sviluppata, non per guadagnarci.

Ha anche investito in DeepMind prima ancora che Google la rilevasse e ne è uscito affermando che “non è da questo punto di osservazione che si può tentare davvero d’investire per ottenere guadagni” .

Ha dichiarato, circa 3 anni fa: “Spero che noi esseri umani non siamo soltanto un boot loader biologico destinato ad una superintelligenza digitale. Sfortunatamente, ciò potrebbe rivelarsi probabile“.

 

Super Intelligenza Artificiale: la strategia di Elon Musk

Elon Musk, di recente, ha avviato Open AI, una società che richiama i ricercatori di tutto il mondo verso gli studi sulla super intelligenza artificiale allo scopo di non permettere che prevalga sull’uomo.

Ha aperto anche Universe, una palestra virtuale che mira a spiegare alle intelligenze artificiali come parlano e si comportano gli esseri umani e come il cosiddetto progresso potrebbe minacciare l’uomo.

In questa palestra, Elon Musk vuole dimostrare in che modo, una volta che un’intelligenza artificiale abbia sufficienti informazioni sul comportamento umano, sia in grado di spiegarlo ad una sua simile senza condizionamenti umani e con tutti i mezzi messi a disposizione, ipotizzando la perdita di controllo su di loro da parte dell’uomo.

Tanto per dirne una, le conversazioni sul social network vengono sfruttate per far capire alle IA in che modo gli esseri umani comunicano tra loro.

Elon Musk lo dice forte e chiaro: le aziende che dominano il mondo del web vogliono essere tiranni del nostro futuro: una cosa è far guidare una macchina da un computer, un’altra è non sapere dove ci sta portando.

Musk è convinto che Google possa far danni senza volerlo nel settore della super intelligenza artificiale, producendo robot intelligenti che possano minacciare l’umanità. Perciò, ha aperto Open AI, per tentare di evitare che succeda tutto questo mettendo a disposizione di tutti la tecnologia dell’intelligenza artificiale anziché lasciare che sia sotto il controllo di un’unica società (Google).

Ha anche creato la società Neuralink, che punta alla simbiosi tra uomo e macchine, per lo stesso motivo.

Bill Gates è preoccupato soprattutto per le possibili perdite di posti di lavoro, mentre secondo l’astrofisico Stephen Hawking la super intelligenza artificiale potrebbe essere “la cosa peggiore mai capitata all’umanità”.

Musk, Hawking e Gates non sono contrari alla ricerca sull’intelligenza artificiale ma pensano sia saggio ragionarci su bene senza commettere errori.

 

Kernel: la startup che vuole sviluppare l’uomo cyborg

La società Kernel ha in mente addirittura realizzare l’uomo cyborg, l’uomo macchina super intelligente con microchip impiantato nel cervello per collegare la mente ai computer e rendere l’essere umano super intelligente.

Non è fantascienza ma un progetto rivolto a cambiare la storia dell’umanità per cui sono già stati investiti milioni di dollari.

L’obiettivo iniziale dichiarato dalla startup sarebbe quello di combattere o sconfiggere malattie come Alzheimer, epilessia, demenza, depressione, traumi ma il traguardo più ambito resta quello di permettere all’uomo, attraverso un’intelligenza super, di non farsi schiacciare dalle macchine.

Google: moto volante, dirigibile segreto e guerra alle bufale

Dopo l’iniziativa di Facebook per contrastare le fake news, è la volta di Google che ha deciso di modificare l’algoritmo del motore di ricerca allo scopo di penalizzare le bufale ed i contenuti di scarsa qualità.

Lo annuncia Ben Gomes, VP Engineering di Google Search che ha presentato al mondo il nuovo sistema con cui l’algoritmo modificato agirà su bufale ma anche su testi nascosti, pratiche ingannevoli costruite ad hoc per attirare visite e disinformazione in genere.

 

In che modo Google combatterà le fake news

La decisione deriva da una serie di ricerche effettuate da Big G secondo cui lo 0,25% del traffico quotidiano include contenuti ingannevoli ed offensivi.

Insomma, il colosso di Mountain View dichiara ufficialmente guerra alle fake news (da tempo aveva annunciato questa sua intenzione) attraverso due differenti azioni: il miglioramento del cosiddetto search ranking (il sistema di posizionamento) e strumenti semplificati per dar modo agli utenti di rilasciare feedback direttamente con facilità segnalando contenuti anomali. Né più né meno quello che ha già deciso di fare Facebook.

Ha modificato le Linee Guida per i valutatori della qualità di ricerca (che raccoglie informazioni sulla pertinenza dei risultati) ed ha cambiato il posizionamento facendo emergere e premiando le pagine più autorevoli, i siti con fonti e notizie sicure ed affidabili a scapito di quelli che pubblicano contenuti di scarsa qualità.

 

La moto volante di Google: dal sogno alla realtà

Le novità di Big G non si fermano qui.

Il fondatore di Google Larry Page finanzia la start-up per lo sviluppo della moto volante creata da Kitty Hawk. Da anni, probabilmente, Page sogna di trasferire il traffico urbano dalle strade ai cieli e questo suo sogno diventerà presto realtà. Il presidente di Kitty Hawk, Sebastian Thrun, lo stesso che si occupa delle self driving car di Google, ha presentato dal suo profilo Twitter un video con il prototipo della moto volante che sorvola un lago della California: è elettrica, pesa 100 kg, raggiunge una velocità di 40 km/h.

Basta un mini corso di poche ore per imparare a guidarla e Larry Page ha già in mano i permessi per volare legalmente nelle aree senza traffico degli USA.

Non sappiamo ancora quanto costerà ma chi investirà nel progetto 100 dollari avrà diritto ad uno sconto di 2.000 dollari.

In progetto un dirigibile segreto di Google

Mentre il fondatore Larry Page è impegnato a realizzare il sogno della moto volante rincorso da tempo, il co-fondatore di Google Sergey Brin sta lavorando al progetto di un dirigibile segreto in un hangar della NASA. Si tratta di un progetto di Sergey o di una ‘creatura’ da associare ad Alphabet di Google?

Non lo sappiamo ancora, le notizie sono scarne ed è difficile stabilirlo o fare ipotesi.

Negli ultimi tempi, non sono poche le aziende ed i progetti che puntano sul ritorno dei dirigibili, velivoli che attirano l’interesse di alcune aziende nonostante il termine dirigibile sia strettamente associato alla tragedia dello Zeppelin avvenuta nel 1937, lo stesso che ha ispirato il nome del leggendario gruppo rock dei Led Zeppelin.

I dirigibili interessano ancora, soprattutto come mezzi di trasporto merci: realizzarli costa meno degli aerei, possono trasportare pesi maggiori e consumano decisamente meno di qualsiasi aereo cargo.

Varrebbe la pena, quindi, progettare dirigibili di nuova generazione.

Tutto quello che si sa, al momento, del dirigibile segreto di Brin è che si sta sviluppando in una struttura della NASA e questo farebbe pensare ad una partecipazione dell’ente spaziale nella realizzazione del velivolo.

Facebook: gli strumenti del futuro sperimentati da Mark Zuckerberg

Abbiamo già trattato di Spaces, l’App di Facebook appena lanciata da Mark Zuckerberg per entrare con forza nel mondo virtuale e della realtà aumentata.

Nella conferenza Facebook Developers (F8) che ha avuto luogo il 18 e 19 aprile a San Jose (California), Zuckerberg non si è fermato di certo a questo e, davanti ad una platea di 4 mila spettatori e 600 mila persone connesse in streaming su FB, ha esposto agli sviluppatori tutta una serie di novità e funzioni volte a rinnovare non poco il social network.

Si tratta di novità ambiziose, tutte incentrate sulla realtà aumentata e sull’intelligenza artificiale per il quale il social investe, annualmente, centinaia di milioni di dollari.

Le innovazioni annunciate sono diverse, alcune inquietanti come il sistema per dettare pensieri o sentire con la pelle.

Scopriamoli uno alla volta.

 

Realtà virtuale

L’App Spaces è la prima che consente di interagire con gli amici grazie al supporto degli Oculus Rift (piattaforma acquistata da Zuckerberg nel 2014 per 2 miliardi di dollari), caschi virtuali molto costosi (un casco base per una consolle videoludica ha un prezzo di 300 euro).

Questa applicazione è in grado di creare spazi virtuali in cui immergersi e muoversi, da condividere con gli amici per dialogare e partecipare a varie attività.

Con il proprio avatar (realistico o fantasioso) ogni utente dispone dei contenuti di Facebook (video, foto) e di varie opzioni tra cui una lavagna elettronica su cui disegnare.

In sostanza, è una variante evoluta dei messaggi di gruppo Messenger che prevede strumenti costosi. E’ in fase sperimentale e ci vorranno diversi anni prima che questo tipo di tecnologia sia accessibile a tutti.

 

Realtà aumentata

Il CEO di Facebook l’ha annunciato: la chiave del futuro social è la fotocamera dello smartphone, non gli occhialini smart.

Verrà in parte aperta agli sviluppatori la funzione Camera per aggiungere filtri ed opzioni.

Gli sviluppi si focalizzeranno sui sistemi di realtà aumentata (AR) in grado di sovrapporre ad un ambiente reale ripreso della fotocamera del cellulare immagini virtuali.

Ovviamente, i nuovi filtri sono più evoluti ed elaborati rispetto a quelli di oggi. L’applicazione, supportata dai sistemi di intelligenza artificiale, saprà riconoscere le immagini, ciò che ha davanti per aggiungere le animazioni e gli effetti più appropriati e realistici.

La nuova impronta degli effetti AR di Facebook ricordano quelli introdotti da Snapchat un po’ di tempo fa.

 

Messenger

Facebook ha reso autonomo tramite App il suo Messenger che, oggi, è una delle funzioni più usate nel mondo per scambiare messaggi insieme a WhatsApp.

Messenger avrebbe dovuto essere più intelligente, grazie alle estensioni (bot) introdotte un anno fa, ma così non è stato e Zuckerberg vuole rimediare aggiungendo uno store per velocizzare e semplificare la gestione dei bot, che sono stati migliorati e arricchiti da nuove integrazioni.

L’assistente virtuale M di Messenger (disponibile, per ora, negli USA) è stato migliorato, è più interattivo, intelligente: da una conversazione può dare suggerimenti in base a ciò di cui si discute.

Si potrà anche usare la fotocamera dello smartphone per scansionare QR Code (codici a barre evoluti).

 

Novità su Instagram

L’applicazione Instagram, per ora solo nella versione Android, potrà essere sfruttata anche offline, senza connessione a Internet ed è stata arricchita di nuove funzionalità (salvare foto, inserire commenti, mettere Mi piace, esplorare foto) da memorizzare e da usare quando si è commessi.

 

Perfezionamento della messa a fuoco

Facebook ha sviluppato un programma in grado di riprodurre in tempo reale la messa a fuoco selettiva capace di  evidenziare al massimo il soggetto in primo piano regolando la resa dello sfondo.

Questo perché, il software, supportato dall’intelligenza  artificiale, riconosce i soggetti da evidenziare.

Non è facile ottenere un risultato del genere con le fotocamere degli smartphone.

 

Workplace gratuito

Sarà disponibile prossimamente una versione standard gratuita di Workplace, lo spazio utilizzabile dalle aziende per coordinare il lavoro dei dipendenti.

Per competere con Slack, Facebook potrà pensare di offrire la versione a pagamento di Workplace a prezzi minori.

 

Digitare col pensiero in modo selettivo

Con questa funzione messa a punto da Facebook, ci avviciniamo alle novità inquietanti.

La divisione Building 8 di Facebook sta sviluppando un sistema che renda possibile trasferire i pensieri al PC e quindi interagire in un modo del tutto nuovo con esso (o con lo smartphone).

Si tratta di un prototipo ma i primi test promettono bene.

Trasferire pensieri al PC significherebbe mostrarli sullo schermo senza più l’uso della tastiera, postando semplicemente tramite il cervello.

Questo nuovo sistema non è stato pensato per trascrivere tutti i pensieri ma solo parole e azioni che una persona vuole esprimere e condividere con altri.

I pensieri selezionati verrebbero comunicati con la voce mantenendo la privacy del contenuto.

Con quali strumenti sarebbe possibile arrivare a tanto? Con dei sensori indossabili e non invasivi che Facebook produrrebbe in scala.

Può rivelarsi uno strumento molto utile nella realtà aumentata o per chi ha problemi di gravi paralisi e non è in grado di esprimersi facilmente.

Cento parole pensate al minuto: è questo il primo traguardo (denominato sistema di silent speech) che Facebook vuole raggiungere con questa funzione.

 

Sentire con la pelle

Un altro sistema affascinante su cui sta lavorando Building 8 servirà per sentire attraverso la pelle e, come il precedente, potrebbe davvero rivoluzionare il modo di interagire con PC e dispositivi, oltre a supportare chi è sordo, ad esempio.

In sostanza, attraverso la trasmissione di vibrazioni e segnali in grado di far percepire suoni e rumori, questo sistema sarebbe capace di trasmettere le suddette vibrazioni attraverso l’epidermide.

Facebook sta lavorando sia a livello hardware che software per questo sistema.

Facebook lancia il suo alter ego virtuale Spaces, ecco come funziona

Facebook ha appena lanciato l’App Spaces entrando con forza nel mondo della realtà virtuale col suo avatar che ricorda l’altra faccia di Second Life.

Adotta la fotocamera che integra l’intelligenza artificiale, si concentra sulla realtà aumentata, è pronto a sfidare Snapchat e rilancia Messenger.

Tutto questo è stato annunciato nelle ultime ore in occasione della conferenza per gli sviluppatori F8 di Facebook che ha avuto luogo a San José.

Forte dei suoi quasi 2 miliardi di utenti, Mark Zuckerberg non ha speso una parola sull’amministrazione Trump o sulla campagna anti-bufale concentrandosi solo e soltanto sulla sua nuova creatura tecnologica.

 

Fotocamera dello smartphone: la chiave del futuro social

Il fondatore e CEO di Facebook, davanti ad una platea di oltre 4.000 spettatori e seguito in streaming da altri 600.000, ha annunciato che è la fotocamera dello smartphone la chiave del futuro social, non gli occhialini smart, almeno del suo social.

La realtà aumentata, evoluzione della piattaforma sempre più indirizzata su foto e video più che sui testi, ha come strumento fondamentale la fotocamera del cellulare ed è da questa che si avvierà l’app Spaces per l’esperienza virtuale: grazie all’intelligenza artificiale potrà riconoscere oggetti oppure geolocalizzare le persone inquadrate.

 

Facebook Spaces: lo strumento numero uno integrato a Messenger

Il secondo atto virtuale ed assolutamente interattivo di Facebook viene reso possibile dall’applicazione Spaces, attualmente disponibile in versione beta per Oculus Rift e Touch.

E’ un binario parallelo del social network con cui gli utenti potranno creare il proprio avatar (fantasioso o realistico, ritoccando dettagli come il colore degli occhi o il taglio dei capelli ed aggiungendo accessori). All’interno di questa App potete guardare video ed immagini a 360 gradi, usare una selfie stick (virtuale anch’essa) per scattare foto, fare videochiamate usando come sfondo video a 360 gradi.

Questa piattaforma parallela si integra con le videochiamate di Messenger, la piattaforma arrivata alla versione 2.0, oggi usata da 1,2 miliardi di utenti, che permette anche la musica in streaming (Spotify e, prossimamente, anche Apple Music).

 

Arriva l’assistente virtuale M

A supporto della chat Messenger 2.0 di Facebook, è stato appena lanciato l’assistente virtuale chiamato M che, grazie all’intelligenza artificiale, è in grado di dare risposte ad utenti speciali, le imprese, con cui FB ha un legame molto stretto.

Un primo test è partito per i ristoranti statunitensi.

Dal 2016 (anno di lancio) ad oggi, le cosiddette bot, le chat automatizzate di Messenger, sono oltre 100.000 e registrano mensilmente uno scambio di 2 miliardi di messaggi tra utenti ed imprese.

 

Come funziona Facebook Spaces

Basta accedere all’App Spaces utilizzando gli Oculus Rift (solo quelli, per ora), associando il proprio account e personalizzando il proprio avatar.

Più amici entreranno in gioco, più il social network si popolerà di contenuti, soprattutto foto e video a 360 gradi.

Qualcuno se lo sta già chiedendo: i visori VR, in una fase eccessivamente immersiva, potrebbe far correre il rischio agli utenti di farsi risucchiare in un mondo di estraniazione totale dalla realtà?

Insomma, un network nato come ‘social’ potrebbe trasformarsi nel suo opposto finendo per portare ad una asocialità tra esseri umani?

Al punto tale da rientrare a casa, evitare pure i saluti (reali) ed incollarci in testa gli Oculus per controllare notifiche, post e bacheche varie? E, poi…

I tre spauracchi di Facebook sono le bufale, il cyberbullismo ed il terrorismo.

Come si metteranno le cose, in questo senso, una volta attivato e diffuso a largo raggio l’alter ego virtuale di Facebook? La situazione potrebbe peggiorare, se non degenerare?

In assenza di paletti, tutto sarà possibile nel mondo della virtualità online? O questo mondo parallelo potrebbe trasformarsi in una specie di anarchia telematica e sfuggire di mano a Mark Zuckerberg?

App Android: allarme Privacy, punto di rottura tra USA ed Europa

Circa il 17% delle App Android trasmette informazioni senza l’approvazione dell’utente con conseguente rischio dei dati personali.

Un recente studio dell’Università di Trento, della Fondazione Bruno Kessler e dei SAP Labs France chiarisce meglio il punto sulle App mobile, su come raccolgono e gestiscono le informazioni personali e sensibili degli utenti attraverso cui si possono identificare singoli soggetti in maniera più o meno specifica.

Con questa ricerca (uno dei primi studi che analizza i flussi transnazionali di dati sensibili) riemerge la vecchia questione Privacy.

Lo studio è incentrato, in particolare, sulla gestione dei dati in modalità iCloud raccolti e ‘lavorati’ dalle App  mobile in relazione alla localizzazione dei data center dove vengono memorizzati. Questo punto è particolarmente importante a livello normativo europeo.

Il Privacy Shield di febbraio 2016 ha mosso i suoi primi passi, in Europa, nel tentativo di regolamentare il trasferimento dei dati personali circoscrivendolo a determinate giurisdizioni territoriali.

 

Lo studio sulle App Android

La ricerca dell’Università di Trento, della Fondazione Bruno Kessler e dei SAP Labs France si è concentrata sulla distribuzione geografica dei server che elaborano le informazioni personali raccolte da 1.498 App Android (le più usate nei Paesi europei). L’80% di queste App è presente su iTunes.

I dati maggiormente studiati dal software PDTLoc (Personal Data Transfer Location Analyzer) sono collegati al device usato, alla rete, ai contenuti e informazioni personali quali la rubrica, il calendario, i video, i file e le foto, ma anche mms, sms, registro chiamate.

Tutti questi dati sono stati raccolti da più del 70% delle App prese in esame dalla ricerca.

Vediamo la situazione di localizzazione geografica: il 23% dei server analizzati si trova in Europa, oltre il 63% negli Stati Uniti. A questi seguono (registrando numeri limitati) Cina, India, Russia, Giappone e Hong Kong.

 

App mobile: trasmissione dati senza il consenso degli utenti

Questo studio ha evidenziato che gran parte dei dati personali viene trasmessa oltre i confini europei.

Il dato interessante è che il 16,5% delle App Android esaminate trasmette informazioni sensibili al di fuori dell’area economica europea senza il consenso degli utenti: in sostanza, viola le normative della Comunità Europea.

Il 51% delle App mobile non chiarisce agli utenti nessuna policy su come vengono usati i dati ed in merito alla riservatezza dei dati personali.

Lo studio che rileva questa realtà propone alcune azioni per potenziare la protezione dei dati personali in riferimento ai flussi transnazionali, tra cui farsi supportare da Google, Apple e Microsoft per rendere obbligatorie policy di privacy per tutte le App nei vari marketplace e trovare sistemi validi per rimuovere tutte quelle App ritenute non conformi alle regole sia per il singolo dispositivo sia per il markeplace attraverso notifiche automatiche.

 

La nuova legge di Trump sulla ‘non privacy’

Ricollegandoci allo studio che evidenzia l’allarme privacy legato alle App mobile, in particolare alle App Android, ricordiamo che, a fine marzo, in USA, Congresso e Senato hanno dato il via libera al testo che cancella la privacy degli utenti online; una ‘mossa’ ufficialmente firmata dal Presidente Donald Trump che ha detto addio al divieto per i provider AT & T, Comcast e Verizon di raccogliere e vendere dati dei clienti senza il loro consenso (tra cui geolocalizzazione, numeri di previdenza sociale, App scaricate dagli shop digitali, cronologia delle ricerche).

Non è una novità, anche le agenzie governative in passato hanno raccolto dati senza chiedere l’autorizzazione ai clienti, ma stavolta la realtà diventa ufficiale.

Trump cancella il diritto alla privacy degli utenti.

La quantità di dati che i provider possono raccogliere è una miniera d’oro per il business.

Questa normativa firmata di recente da Trump segna il punto di rottura tra l’idea di privacy in USA e in Europa. Negli Stati Uniti la concezione di privacy è la stessa di Mark Zuckerberg ovvero Facebook: “se posso farci business, la uso”.

Solo che, con questa nuova legge, Trump non favorisce gli interessi di Google e Facebook (che prima avevano il business esclusivo della profilazione) ma quelli delle compagnie telefoniche.

I dati personali raccolti dai provider saranno venduti alle agenzie governative oppure ad altri operatori commerciali?

Facebook segnalatore di ‘bufale’ inchiodato dal Times

E’ scattata l’operazione Facebook contro le fake news (le ‘bufale’), lo spam e la disinformazione diffusi sul social network numero uno al mondo.

Facebook ha appena sospeso 30 mila account falsi in Francia: lo ha comunicato il social in un post dove annuncia miglioramenti nei sistemi creati per individuare account non autentici, ovvero non collegabili a persone reali.

E’ difficile agire tempestivamente su tutti i profili non autentici e, per ora, Mark Zuckerberg dà la priorità agli account caratterizzati da un’attività massiccia e di ampia portata.

 

La mission democratica di Facebook

Dalla nuova mission di Facebook partono le 10 regole da seguire per difendersi da fake news, bufale e disinformazione.

L’operazione condotta da Zuckerberg non va nella stessa direzione voluta dalla politica, in genere, che punta ad un controllo dell’informazione, alla censura, sorveglianza o, addirittura, a pene pecuniarie e detentive per chi commette ‘reato di opinione’.

Facebook, per combattere le fake news, non prevede censure ma lascia ai suoi utenti, non alle istituzioni, il potere di decidere cosa leggere e cosa non leggere.

La sua è una campagna di informazione mediatica, vuole sensibilizzare l’utente dandogli la possibilità di farsi un’opinione personale sulle notizie che legge. Il sistema non funziona come filtro automatico delle notizie.

Quando una notizia viene segnalata come falsa, compare un flag che informa l’utente della segnalazione e contestazione. La notizia non viene rimossa, semplicemente l’utente viene allertato, sensibilizzato in senso democratico.

 

Il decalogo di Facebook

Facebook ha lanciato il decalogo che include 10 consigli presenti nel news feed degli utenti allo scopo di sensibilizzarli ed informarli al meglio. Ecco, in sostanza, quali sono i 10 consigli:

  • Non fidarti dei titoli: spesso, le notizie false presentano titoli esagerati, altisonanti, con punti esclamativi e scritti in maiuscolo.
  • Controlla bene l’Url: spesso un Url fasullo è simile (con cambiamenti minimi) a quello di una fonte attendibile per diffondere notizie false spacciandosi per un sito autentico, quindi è meglio controllare il sito autentico per confrontare il presunto Url fasullo;
  • Ricerca la fonte, assicurati che la notizia sia scritta e diffusa da una fonte attendibile e che abbia una certa reputazione oppure controlla la sezione Informazioni nella home page del sito che non ti convince per saperne di più;
  • Attenzione alla formattazione: diversi portali che diffondono notizie false sono caratterizzati da impaginazioni strane, testi con errori di battitura, quindi leggi con la dovuta prudenza;
  • Fai attenzione alle immagini e verificane l’origine: i siti che pubblicano notizie false possono contenere foto e video ‘ritoccati’ oppure foto autentiche ma fuori contesto;
  • Controlla le date che, spesso, nelle notizie o negli avvenimenti riportati dai siti ‘fake’ potrebbero essere errate o con una cronologia sballata;
  • Verifica le testimonianze ovvero le fonti dell’autore di una notizia per assicurarti che sia attendibile: la mancanza di prove o riferimenti concreti potrebbe indicare che si tratta di una notizia falsa;
  • Controlla se altre fonti riportano la stessa notizia e, se coincide con quelle pubblicate da siti attendibili, allora è vera, altrimenti diffida;
  • Potrebbe trattarsi non propriamente di fake news ma di uno scherzo, di notizie satiriche o umoristiche provenienti da un sito realizzato appositamente per questo, quindi verifica la fonte;
  • Alcune notizie sono intenzionalmente false, quindi usa il tuo senso critico quando leggi e condividi notizie online soltanto se sei sicuro che siano vere.

 

Facebook inchiodato dal Times

Era già successo con YouTube in relazione ai video estremisti e antisemiti sponsorizzati e, stavolta, tocca a Facebook.

Il quotidiano britannico Times ha eseguito un’indagine per inchiodare Mark Zuckerberg a causa della mancata rimozione di materiale illecito.

Il quotidiano di Rupert Murdoch scrive che il social network Facebook è il più grande editore al mondo ed ha registrato profitti per 10 miliardi di dollari nel 2016 vendendo ‘pubblicità targhettizzata’.

Murdoch ha pubblicato un articolo rendendo noto che la piattaforma più usata del mondo si è rifiutata di rimuovere contenuti di matrice terroristica e pedopornografica “potenzialmente illegali” nel Regno Unito.

Se può permettersi di pubblicare un’affermazione del genere un motivo ci sarà: Murdoch ha creato un profilo FB ad hoc spacciandosi per un finto professionista dell’It 30enne, dopodiché ha chiesto amicizia ad oltre 100 sostenitori di Isis ed è riuscito ad accedere facilmente in gruppi che condividono foto e video violenti ed osceni.

Ha chiesto a Facebook di rimuovere tali contenuti segnalandoli con la procedura apposita prevista all’interno del social network. Il social ha tolto solo alcuni di questi profili ma ha mantenuto online messaggi che lodavano gli attacchi terroristici “da Londra alla Cecenia alla Russia, al Bangladesh in meno di 48 ore” promettendo guerra “nel cuore delle vostre case”.

E’ dovuto intervenire il Times per ottenere nuovi interventi e rimozioni con “tante scuse” da parte del vice presidente delle Operations Justin Osofsky con la promessa di “fare meglio e lavorare sodo”, di fare il possibile per risolvere il problema.

 

Le responsabilità di Facebook

Zuckerberg ha ricordato il blocco dell’accesso al Pakistan nel 2015 di un gruppo che invitava le persone a rappresentare Maometto: tutto questo è illegale in quel Paese ma non in altri.

La soluzione di Zuck consisterebbe nel delegare alla community gran parte delle decisioni su ciò che è lecito e cosa non lo è, quindi degno di rimozione o meno.

Sulla pedopornografia il discorso cambia e lo stesso Mark ammette che è universalmente illegale anche se il Times dimostra che Facebook non sempre è in grado di porre un limite in questo senso.

Zuckerberg ha appena introdotto il sistema di foto-matching che impedisce alle foto intime diffuse senza il consenso del protagonista delle immagini di circolare liberamente su Facebook, come su Messenger e Instagram.

Il Times, nel frattempo, ha segnalato il fatto alla Metropolitan Police ed alla National Crime Agency per costringere Facebook a prendersi le sue responsabilità (anche legali) di fronte a tutto ciò che è illegale.

Né più né meno ciò che ha già fatto la Bbc a marzo, dopo aver effettuato un’indagine su gruppi pedofili.

La Germania preferisce passare ai fatti dando il suo consenso ad una legge che prevede sanzioni fino a 50 milioni di euro in caso di mancato intervento dei social su contenuti illegali.

«Hai vinto un milione di euro» la truffa più diffusa

Non è nuova, ma ciclicamente ritorna in voga, e diversi nostri utenti hanno fatto la segnalazione. Allora come diciamo sempre, meglio ripetere, perchè “Avere Informazione Significa Prevenire” .
«Hai vinto un milione di euro» questo piu’ o meno il testo del messaggio, e quindi “Attenzione agli #sms Truffa”.

I messaggi truffa non arrivano solo via #email: anche chi possiede un cellulare senza collegamento internet rischia di finire nella trappola del «#fishing» ossia della «pesca» dei dati personali.

L’obiettivo dei malintenzionati è di arrivare al numero di conto corrente o di carta di credito della persona per rubare denaro.


. Negli ultimi giorni a centinaia di utenti sono arrivati sms con il tranello.

«Complimenti! Ha vinto un milione di euro alla lotteria spagnola» è il senso del messaggio. Ma ci sono anche la lotteria irlandese, quella inglese e statunitense.

Attenzione: per ritirare la somma si devono versare 500 euro «per saldare gli obblighi fiscali e sbloccare la vincita».

Attraverso un link con un collegamento internet sul cellulare si può accedere immediatamente al sito, completare la richiesta inserendo i dati, inviare il denaro oppure fornire i numeri di riferimento della banca e del conto corrente.

Su migliaia di utenti c’è sempre qualcuno che ci casca e che si ritrova con qualche centinaio di euro in meno. Altra tipologia di sms fishing sono quelli con offerte commerciali ed un link. «Cliccando sul collegamento si viene reindirizzati ad una finta pagina web attraverso la quale, in caso di acquisto, vengono rubati i dati delle carte di credito»
Regola generale è che nessuno regala niente, anche sul #web.

Da ricordare:

La #password è una porta d’accesso, e per questo dobbiamo custodirla come le chiavi di casa o della macchina. Chi ha la password del nostro p.c., della nostra casella di posta elettronica, dei social a cui siamo iscritti e dei siti protetti che visitiamo, ha le chiavi delle nostre abitudini, delle nostre virtù e anche dei nostri difetti. Proteggiamo la nostra password

Workflow: nasce l’app per le azioni automatiche

L’azienda di Cupertino ne sperimenta sempre delle belle, basti pensare alla nuova applicazione che l’azienda di Steve Jobs ha messo a punto.

L’applicazione in questione si chiama Workflow e permette la programmazione di azioni automatiche su iphone ed ipad.

Che significa?

L’azienda ha deciso di inglobare l’azienda che ha sviluppato tale app, con annessi i quattro sviluppatori: Ari Weinstein, Conrad Kramer, Ayaka Nonaka e Nick Frey. Da poco tempo è possibile scaricare l’app gratuitamente, poiché non è stata rimossa dall’app store. Con i nuovi aggiornamenti prodotti su Workflow, gli sviluppator hanno deciso di rimuovere molte facoltà concesse ai servizi google.

Ma in cosa tratta questa applicazione? Essa offre un servizio simile a IFTT e Zapier, ossia permette la creazione di una serie di aoni che verranno svolte in sequenza. Con Workflow, infatti, si può, ad esempio:

  • Recarsi in fotocamera e scattare un numero prestabilito di foto, salvarle e condividerle;
  • Utilizzare gran parte delle applicazioni apple e dettare ad esse le procedure che devono eseguire;

 

Insomma, un’app veramente utile che permette una pianificazione impeccabile. L’azienda di Cupertino non si è mai fermata e continua ad offrire ai suoi clienti opportunità davvero uniche nel suo genere. Non vi resta che provarla.

Swatch lancia il primo smartwatch: presto sul mercato

Pure l’azienda leader nella progettazione di orologi Swatch ha deciso di lasciarsi trascinare dalla corrente e coinvolgere nell’innovazione di dispositivi sempre più intelligenti. Da quanto trapela dal web e dal CEO della società Nick Hayek, infatti, l’azienda ha deciso di lanciarsi nella progettazione degli smartwatch.

Tuttavia, la Swatch ha deciso di non adottare il sistema operativo adroid wear 2.0, ma di crearne uno dal principio. La società svizzera, inoltre, ha pensato bene di creare un oggetto che possa essere compatibile con tutte le tipologie di smartphone, senza lasciarne alcuna fuori. Lo stesso orologio, dunque, soddisferà le esigenze degli androiani e dei possessori di iOS.

Un’altra novità riguarda il fatto che il nuovo sistema operativo non sarà legato estremamente a questa iniziativa, bensì potrà essere acquistato qualora qualcuno lo richiedesse. Davvero un salto di qualità quello che la Swatch vuole fare nei confronti dei suoi clienti, non credete? Ci saranno dunque tantissime novità ed introduzioni nel nuovo marchingegno firmato Swatch che, si spera entro il duemiladiciotto, potrà trovarsi sul mercato. Uno dei principali pregi? Se prima fosse indispensabile cambiare smartwatch se si passava da android ad iOs, adesso non sarà più necessario.

Whatsapp: come inserire il vecchio stato

Whatsapp ha mantenuto la promessa ed ha deciso di donare ai suoi utenti la possibilità di tornare indietro ad utilizzare il vecchio stato. Ai meno esperti la procedura apparirà un po’ ostile, ma niente paura!

Ripristinare il vecchio stato di Whatsapp, recentemente sostituito dall’avvento delle storie, non è affatto complicato e sarà sufficiente utilizzare una procedura piuttosto chiara e comprensiva da mettere in atto. Non temete, però, ai pochi che hanno apprezzato le storie su whatsapp non sarà tolta la possibilità di continuare a condividere sprazzi della giornata, bensì potranno ripristinare entrambe le funzionalità. Ma come fare?

Si è visto quanto Mark Zuckerberg abbia a cuore i suoi utenti, scontenti del fatto che lo stato dell’app di messaggistica istantanea più utilizzata fosse scomparso. L’ideatore di facebook, infatti, ha deciso di fare un passo indietro e restituire loro quella funzione. Basterà collegarsi all’app store, o play store nel caso dei dispositivi android, ed aggiornare nuovamente la versione. In seguito, ci si dovrà recare in impostazioni, cliccare sul proprio nome utente, premere su “info e numero di telefono” e reinserire il caro vecchio stato.

Ecco che tutto ciò che prima apprezzavate di Whatsapp tornerà a rendervi felici. Siete contenti?

Selfie di Razzi col genocida Assad

Lucarelli:
L’ironia con cui la rete ha preso il selfie di Razzi col genocida Assad (meme, battutone, retweet) e l’assoluta serietà con cui ha preso il salottino della Perego la dice lunga sullo stato in cui siamo: ignoranti, insensibili, irrispettosi fino al midollo.
E aggiungo una cosa. Prima di venire qui a scrivere qualsiasi cosa su Assad e la guerra in Siria, assicuratevi di aver letto abbastanza sulla questione, perché quel mezzo milione di morti dall’inizio del conflitto non dico che meriti empatia o commozione, ma almeno rispetto e informazione.
Per il resto, se trovate divertente che un nostro senatore si faccia un selfie sorridente con un genocida come fosse a Sanremo con Belen, che dire. Enjoy, come direbbe Vacchi. Io, personalmente, ho il vomito.

Commenti al post:

Cara Selvaggia, grazie mille da parte del popolo siriano. Sapevi benissimo che i pro-assad ti avrebbero risposto a catena dicendo: lui è il male minore… e hai deciso lo stesso di schifare anche tu lo scempio di razzi con assad. Grazie. A tutti quelli che: meglio assad del isis….. la prossima volta che vado in missione in Siria, vi invito a venire con me, ad entrare nelle zone sotto bombardamento, e sopratutto a parlare con la gente del luogo. Io non dirò una parola. Capirete da soli che Assad e l’isis sono due alleati e entrambi bombardano i siriani, assad via aerea e via terra e l’isis via terra e con autobombe ovunque. Cara gente, informatevi sempre da chi le questioni le vive di persona, e non da italiani fenomeni di tastiera che di preciso non sanno nemmeno dove si trovi la Siria. Ciao Selvaggia grazie ancora.

.- Ahmad guarda che in una guerra, soprattutto in una guerra del genere, non è possibile definire i buoni o i cattivi in maniera così netta. La Siria come molti paesi del medioriente è governata da capi di stato che abusano dei loro poteri commettendo spesso crimini odiosi, ma questo certamente non lo devo dire a te che saprai molto meglio di me come si vive in certe realtà. Il punto è che noi occidentali ci svegliamo solamente quando questi comportamenti in qualche maniera ci colpiscono indirettamente. Credimi se ti fai un giro abbiamo incominciato a parlare di Siria solo da qualche anno mentre Assad figlio e Assad padre hanno in mano le sorti del paese da almeno 30 anni. Eppure ci stiamo svegliando solo ora, il perchè di tutto questo? non è difficile da intuire, nel corso degli anni abbiamo imparato a capire che i problemi di democrazia di paesi come la Siria nascono clamorosamente nel momento in cui incominci a stare sul cazzo a qualcuno. Quindi parliamo pure di Assad come dittatore, ma chiediamoci il perchè di tutto questo ora e non 30 anni fa chiediamoci perchè la Siria e non l’Arabia saudita

– Stai parlando ad un siriano, ti suggerisco di tenerlo a mente la prossima volta che pensi di salire in cattedra.

E ti suggerisco anche di approfondire la storia, non la pseudostroia, proprio la storia, quella documentata, quella che riporta il massacro di Ḥamā dove gli oppositori scesi in piazza a manifestare contro le politiche di Hafiz al-Asad, vennero trucidati dall’esercito schierato conto i dimostranti mietendo più di 35.000 vittime.

– @Ahmad spero che non abbia preso il mio commento come lo sborone di turno, con queste parole voglio solo darti manforte e dirti quello che vedo io da europeo
– Poi la verità la sa chi è laggiù. Nn quella raccontata e rivisitata delle TV e giornali.

-Stai facendo un discorso a mio dire strano…. qualcuno ha detto bene in una guerra non ci sono buoni o cattivi, perché se il senso è uccidere non ci sono buoni, noi in Italia abbiamo santificato i partigiani, che uccidevano chiunque non fosse come loro….quindi la guerra è sbagliata a prescindere…

– quindi il cattivissimo Assad doveva lasciare ai principali gruppi islamisti prendere il controllo di tutto il paese?
– infatti l’opinione di un siriano (probabilmente un white helmet) rappresenta quella dell’intera popolazione, non fa una grinza. Se non altro noto che hai già la divisa da pagliaccio, che dona molto ai fan dell’fsa.
– è inutile. I putinian-trumpiani occidentali pensano di conoscere la situazione meglio dei siriani stessi.-

-“Esprimo apprezzamento per l’esempio di laicità e apertura che la Siria offre in Medioriente…”
Cit.

LinkedIn e Snapchat novità

Nelle ultime ore, LinkedIn e Snapchat stanno attirando l’attenzione del mondo social per motivi diversi: il primo ha rivoluzionato l’interfaccia aggiungendo nuove funzioni, il secondo sta polverizzando i guadagni in Borsa.

Il social dei collegamenti nel mondo del lavoro LinkedIn modifica l’interfaccia, cambia look scegliendo una veste più snella ed ora somiglia non poco a Facebook a cominciare dalla Home.

Snap Inc., la società che ha lanciato nel 2011 il social network Snapchat con la sua App di messaggini che scompaiono (ovvero di messaggi, foto e video visualizzabili solo per 24 ore) perde terreno in Borsa ed il titolo cala scendendo a 21,1 dollari.

 

Il nuovo LinkedIn

Il social network dedicato al mondo del lavoro LinkedIn, strutturato in 7 sezioni, vi consente di nascondere i messaggi pubblici di chi non vi interessa, scegliere chi seguire, chattare con chi volete senza uscire dalla Homepage per tenere sempre sotto controllo i vari contenuti di aggiornamento.

Microsoft introduce funzioni nuove come i chatbot ovvero gli assistenti virtuali a cui potrete fare domande in caso di problematiche.

Navigare risulta più facile e pulito come pure fare ricerche interne al social network, gestire notifiche, contatti e profilo.

Ricordiamo che LinkedIn è stato lanciato nel 2003 ed acquisito da Microsoft il 13 giugno 2016 per la modica cifra di 26,2 miliardi di dollari.

La società che gestisce la rete social ha sede a Palo Alto (California) è presente in oltre 200 Paesi, nel 2015 ha raggiunto 400 milioni di utenti e cresce ad una velocità di un milione di iscritti alla settimana.

 

SnapChat: un calo in Borsa da panico

I guadagni di Snap ottenuti attraverso l’Ipo stanno bruciando e spariscono alla stregua dei messaggini magici che caratterizzano l’App Snapchat. Il titolo Snap scende a 21,1 dollari (dagli iniziali 24 dollari con cui è sbarcato in Borsa) ma si mantiene comunque sopra i 17 dollari fissati dall’Ipo ed interessa alcuni sell: il prezzo target indicato è di 16,80 per azione.

Secondo il giudizio di un analista di Pivotal Research, Brian Weiser, il problema di Snap è che si tratta di un’azienda ‘a rischio’ per via dell’elevata concorrenza del settore e che appare promettente solo in fase iniziale: l’altro svantaggio del titolo Snap consisterebbe secondo Weiser nel fatto che agli azionisti non viene concesso il diritto di voto.

Altri, tra cui Sean Stiefel manager di Navyu Capital, ritengono invece che il secondo calo dei titoli sia dovuto all’attacco di panico di lunedì in reazione alle prime perdite, ai primi segni di calo dopo che Snap aveva chiuso con una crescita del 44% la settimana scorsa.

Non dimentichiamo che il servizio di messaggistica istantanea Snapchat con sede a Los Angeles, a novembre del 2013 è stata valutata 10 miliardi di dollari (considerando l’offerta fatta all’epoca da Facebook per acquisirla) mentre ora vale 18 miliardi di dollari.

Nel 2014 ha pubblicato il suo primo messaggio pubblicitario aprendo ufficialmente agli inserzionisti e lo stesso anno ha dato agli utenti la possibilità di effettuare pagamenti attraverso il servizio Snapcash sviluppato in tandem con Square. Sono stati 10 miliardi i video visualizzati nel 2016.

Snap penserà seriamente di abbandonare Wall Street (come sta succedendo a Twitter) o terrà duro come Facebook che, dopo il crollo da 38 a 18 dollari verificatosi nel 2012, ora si mantiene sopra i 100 dollari da un anno?

 

Whatsapp: pronti a tornare al vecchio stato?

Il malcontento di tutti i possessori dell’applicazione di messaggistica istantanea whatsapp non è un segreto più per nessuno.

Gli utenti, infatti, non si sono detti soddisfatti dell’introduzione delle storie all’interno dell’app. Ed è proprio per questo motivo che l’ideatore di facebook ha deciso di rivalutare l’idea che ha avuto nel fornire l’ultimo aggiornamento.

Se Mark Zuckerberg credeva di fare una cosa buona, quindi, questa volta ha proprio sbagliato. E’ ormai ufficiale che whatsapp ha deciso di fare un passo indietro e tornare al vecchio stato. Non più storie e storielle dunque? Non proprio, le storie rimangono ma torna anche lo stato che sarà visibile per tutti gli utenti.

Il passo indietro sarà prima fatto dai possessori di android, a seguire anche quelli che possiedono gli smartphone con sistema iOs, potranno ritornare alle origini, abbracciando nuovamente le vecchie funzionalità di whatsapp.

Whatsapp, dunque, è pronto ad integrare due differenti versioni, quella vecchia e quella nuova in cui sono state introdotte le comuni storie. Sicuramente gli utenti rimarranno molto contenti della novità e riusciranno ad apprezzare maggiormente l’applicazione di messaggistica istantanea. Siete contenti di questa decisione presa dall’ideatore di Facebook? Non ci resta che aspettare una settimana per avere l’aggiornamento.

Inventa applicazione a 81 anni: “Ho raggiunto il mio sogno”

C’è chi dice che gli anziani non abbiano un bel rapporto con la tecnologia, tuttavia c’è sempre chi costituisce un’eccezione.

Stiamo parlando di Masako Wakamiya, una donna di 81 anni che, nonostante l’età, ha pensato bene di ideare una nuova applicazione per Iphone. Come ha fatto? Impegno e dedizione le due principali fondamenta sulle quali ha costruito il suo lavoro.

L’applicazione messa a punto dalla donna è Hinadan, un’app che permette di vestire e giocare con delle bambole. La Hinamatsuri, infatti, è una festa nipponica in cui si celebra la giornata delle bambole.

Ogni 3 Marzo, quindi, vengono allestiti degli scaffali su tappeti rossi, dove a di sopra vengono posizionate delle bambole. Le famiglie pregano affinché la loro sfortuna passi a quelle bambole.

Ma da dove l’idea di creare un’applicazione in così tarda età? Da quello che trapela dal web, la donna ha potuto avere accesso ad un pc, solo dopo aver compiuto sessanta anni. Masako era un’impiegata di banca e, una volta in pensione, non ha accettato l’idea di buttarsi su un comunissimo hobby. L’anziana, infatti, ha deciso di prendere lezione di informatica su skype, trovando qualcuno disposto ad insegnarle i trucchi del mestiere. Oggi l’ottantunenne si può dire fortunata di aver potuto realizzare il suo sogno.

Come scoprire una bufala su Facebook

QUIZ SU FACEBOOK: ATTENZIONE ALLE TRUFFE

La curiosità spesso ci spinge a rispondere alle domande dei moltissimi quiz che si diffondono sempre più su Facebook.

“Che tipo di reporter sei?”, “Che carta da gioco sei?”, “Che tipo di fidanzata sei?”, e mille altre ancora le domande che cercano di far leva sulla curiosità e il desiderio degli utenti di voler sapere a quale profilo si appartiene. Aldilà della totale inattendibilità dei risultati, quello che ci preme segnalarvi è che dietro i quiz on-line non sempre ci sono aziende che fanno legittimamente il loro lavoro. Alcuni hacker infatti, approfittando dell’abitudine degli utenti a partecipare ai quiz, sfruttano la connessione all’account per estrarre dati o truffare le persone, inducendole a scaricare link che si rivelano malware.
Si consiglia pertanto attenzione e prevenzione: prima di tutto, non prendere troppo alla leggera la partecipazione ai quiz.
Non considerare l’indirizzo e-mail come qualcosa da consegnare con scioltezza a estranei.
Un altro consiglio: prima di cliccare, passare il mouse sul link per vedere a che pagina va il collegamento.

VADEMECUM DEL PERFETTO CONTA-BUFALE

Abbiamo tracciato Il profilo del perfetto credulone che alimenta la disinformazione sul web:
1)- non verifica mai la fonte;
2)- condivide tutto quello che gli arriva o che trova sulla rete;
3)- se una notizia gli sembra strana, la condivide subito prima che i dubbi lo assalgano;
4)- se l’ha condivisa un personaggio noto, ritiene la notizia attendibile;
5)- se un post parla male di uno che gli è antipatico, lo condivide a prescindere, perché ritiene che se lo sia meritato comunque

Vi consiglio di tenere presente queste 5 semplici regole per evitare di incorrere in truffe o leggere bufale. Su Facebook ne siamo pieni, purtoppo.